Nell’immaginario collettivo la figura del magistrato è stata sempre condizionata da quel costrutto così “ordinario” creato nell’audiovisivo ma soprattutto anche da quello che vediamo tramite
interviste o approfondimenti giornalistici nel senso più classico e letterale del termine. Di solito sono uomini di una certa età, composti e pacati, mossi da un doveroso senso di giustizia. L’originalità del nostro progetto è quella di raccontare da una parte un uomo di ventotto anni che sì all’epoca era un magistrato del pool antimafia ma ancor prima un ragazzo -per di più da poco sposato- e come il suo lavoro abbia cambiato il rapporto con i suoi familiari, la famiglia stessa e sia stato inevitabilmente “contaminato” dalla sua età: nell’approccio pratico, nell’impulsività e nell’agire con
quella naturale ambizione e spregiudicata incoscienza della giovinezza, nonostante il contesto. Tutte queste caratteristiche non possono essere escluse dai fenomenali risultati avuti da Alfonso Sabella
nella lotta a “Cosa Nostra”. Il suo modo di fare, dettato anche dalla sua giovane età, gli ha fatto guadagnare la fiducia di boss del calibro di Giovanni Brusca e di conseguenza la loro decisione di
collaborare. Le domande di Bardani andranno proprio a cercare di scoprire gli aspetti più personali di queste vicende, volendo carpire quell’intercapedine emotiva rimasta celata tra l’ufficialità del
ruolo pubblico, da un lato, e uno spessore criminale che non ammetteva debolezze, dall’altro. Sveleremo retroscena su alcuni momenti poco raccontati della vita di un magistrato.
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